Mahatma Gandhi vede le questioni di base del cambiamento sociale

Gli articoli precedenti abbiamo cercato di discutere i diversi aspetti delle questioni e la teoria del cambiamento sociale negli scritti di Mohandas Karamchand Gandhi. Alla luce dei loro contenuti, in questo articolo è stato fatto uno sforzo per riassumere le opinioni di Gandhi sui problemi fondamentali del cambiamento sociale e delineare la sua teoria del cambiamento sociale. Questo capitolo cerca anche di stimare la sua rilevanza contemporanea.

Problemi di base del cambiamento sociale:

Nei suoi voluminosi scritti, Gandhi toccò o soffermò su una miriade di questioni di relazioni interpersonali, intergruppi e di gruppi individuali che influenzarono la società e invocarono riforme e persino cambiamenti rivoluzionari nella struttura, nelle istituzioni, nei processi e negli orientamenti di valore della società. Sebbene la sua prospettiva fosse di natura universalista, il suo punto di partenza era la situazione indiana contemporanea.

Il cambiamento sociale in India costituiva il suo obiettivo immediato e la sua priorità. Nel perseguire questo obiettivo, ha elaborato un programma di ricostruzione sociale che si è evoluto dalle sue esperienze e esperimenti in varie aree della vita sociale in una sorta di processo per tentativi ed errori. Era profondamente consapevole della resistenza inerziale della tradizione e delle propensioni naturali dell'uomo a perseguire interessi ristretti e immediati e a dominare i suoi simili.

La caratteristica centrale del pensiero di Gandhi è che è centrato sull'uomo, non centrato sul sistema. La sua premessa è l'autonomia morale dell'uomo e la possibilità della sua permanente liberazione dal proprio sé inferiore e dai dettami impersonali e irresistibili della struttura della società. L'ordine sociale ideale è quello che dà all'uomo l'opportunità di realizzare la sua autonomia morale e lo incoraggia sempre ad esercitare questa autonomia in un modo illuminato che è favorevole al benessere individuale e collettivo.

Il movimento dallo stato imperfetto esistente dell'uomo e della società verso la perfezione richiede l'inculcazione di alcuni valori fondamentali da parte dell'uomo e l'istituzione di strumenti sociali, che promuoveranno e garantiranno il perenne primato di questi valori.

Tuttavia, Gandhi postula l'inseparabilità di "fini" (valori) e "mezzi" (strumenti) che è l'unità dialettica di causa ed effetto. Pertanto, una discriminazione logica tra valori e strumenti non è possibile - e neppure desiderabile - nel suo pensiero.

È in questo contesto che devono essere identificati i problemi fondamentali del cambiamento sociale nei suoi scritti. In altre parole, queste questioni non possono essere classificate in categorie ordinate etichettate come "valori" e "strumenti". Piuttosto, formano una configurazione che può essere analizzata solo in termini di determinati obiettivi, che devono essere intessuti nel tessuto sociale.

Da questo punto di vista, possiamo identificare le questioni fondamentali del cambiamento sociale prescritte da Gandhi come l'istituzione della dignità umana e dell'uguaglianza; l'elevazione del lavoro ad un'alta dignità; la ricerca dell'autosufficienza; la propagazione del principio di amministrazione fiduciaria; la ricerca della verità e dell'ahimsa; l'istituzione di un sistema educativo socialmente intenzionale; il riconoscimento della tolleranza come valore primario; la realizzazione dell'inseparabilità dei fini e dei mezzi; e la spinta verso una visione razionale e scientifica della vita.

Prima di procedere a una breve spiegazione di questi problemi, è necessario sottolineare che, a differenza di altri pensatori moderni, Gandhi ha distillato la maggior parte delle sue idee da premesse a-secolari. Ciò si vede chiaramente, ad esempio, nella sua giustificazione dell'uguaglianza e nella sua prognosi per sostenere l'imperativo egualitario.

L'egualitarismo moderno è stato derivato da una teoria positivista dei diritti naturali, o dalla logica che non è possibile determinare il primato relativo tra le gerarchie infinite della classificazione, o dall'irrazionalità della discriminazione tra le individualità incomparabili. Gandhi, d'altra parte, rifugge considerazioni astratte e basa il suo concetto di uguaglianza sulla premessa monistica della filosofia advaita secondo cui tutti gli esseri senzienti posseggono la divinità come parti inalienabili dell'Essere Supremo.

La sua fede nell'Essere Supremo, che si manifestava tra l'altro in una legge morale immanente dell'universo ed era la realtà ultima, identica alla verità assoluta, era il nucleo del suo pensiero. Ma il suo teismo era razionalmente costruito e discusso ed era privo di elementi mistici. In effetti, il suo calcolo del bene e del male era basato su criteri secolari e razionali ed è possibile sostenere che i suoi riferimenti all'Essere Supremo avevano una qualità metaforica in quanto cercavano di imporre una condotta socialmente costruttiva. Per lui le religioni erano preziose non perché erano costruite sull'idea della comunione con Dio, ma perché davano forza ai principi e alla condotta etici. In altre parole, nonostante le fondamenta a-secolari di alcuni di loro, le sue idee sociali erano razionalistiche nel loro contenuto e orientamento.

Per tornare ai temi del cambiamento sociale identificabili nella visione di Gandhi, l'istituzione della dignità umana e dell'uguaglianza come i principi guida e gli obiettivi per la ricostruzione sociale derivano dalla sua convinzione che ogni essere umano, in virtù dell'elemento di divinità in lui, deve essere riconosciuto come avente valore intrinseco e meritevole del più alto rispetto, e dovrebbe sentire ed essere libero di raggiungere il suo pieno potenziale.

Negare la dignità o l'eguaglianza a un individuo era quindi inaccettabile, non tanto per essere offensivo nei confronti dei diritti umani formali, quanto per il suo effetto di schiacciare il suo spirito e negare l'Essere Supremo stesso. Lo smantellamento delle barriere artificiali che categorizzavano gli esseri umani secondo scale discendenti di dignità ed uguaglianza era una condizione sine qua non per la società ideale e necessitava di una presa di coscienza cosciente dell'indifendibilità morale di queste categorie da parte di coloro che erano responsabili del loro sostentamento e ne ha beneficiato. Ma ha anche richiesto l'affermazione del diritto alla dignità e all'uguaglianza delle vittime del loro rifiuto.

Gandhi ha esteso l'applicazione di questi concetti oltre gli individui alle identità di gruppo, come le comunità religiose, le entità culturali e linguistiche, le regioni e altri collettivi sociali distintivi. La sua opinione che gli oppressi e gli svantaggiati devono lottare per la propria liberazione è evidente nelle sue crociate sociali contro l'intoccabilità e per l'uguaglianza di genere, per tutto il tempo, ha insistito sul fatto che era altrettanto dovere degli intoccabili e delle donne lottare per la loro emancipazione dal degrado sociale e dalla disuguaglianza come lo era per il resto della società.

Sebbene fosse categorico nel sostenere il principio del merito, non respinse il principio della discriminazione positiva a titolo definitivo e, di fatto, riconobbe l'urgente necessità di fornire le condizioni e il modo in cui i diseredati e i meno abbienti li mettessero alla pari con i privilegiati sezioni della società.

Sosteneva inoltre che se un ordine sociale equo che rispecchiasse l'ideale di rispetto per la dignità umana e l'uguaglianza fosse fondato sulla realizzazione interiore che questo ideale era un elemento inalienabile della legge morale dell'universo, invece che su leggi formali e sanzioni sociali, non avrebbe la tendenza a regredire verso modelli vecchi o nuovi di indegnità e disuguaglianza.

Tuttavia, la concezione di Gandhi dell'uguaglianza andava oltre il diritto alla pari dignità e opportunità, poiché prevedeva il diritto all'equo sostentamento da parte della società per gli individui che contribuivano al processo sociale al meglio delle loro capacità e potenzialità. Ciò era imperativo per impedire la persistenza e il costante allargamento della disuguaglianza a causa delle diverse capacità e necessità degli individui e della natura cooperativa della vita sociale.

Ciò, a sua volta, richiedeva la rimozione delle distinzioni artificiali tra i diversi tipi di lavoro, e in particolare tra il lavoro intellettuale e manuale, attraverso l'accettazione universale del lavoro del pane e la ricerca dell'autosufficienza da parte degli individui e dei diversi livelli di vita collettiva da la famiglia alla nazione, che era rappresentata da tali ideali come l'autosufficienza dei villaggi rispetto ai loro bisogni essenziali e l'uso di swadeshi.

Una componente significativa di questo approccio è stata la minimizzazione dei desideri e la relativa idea di non ritenzione di ciò che era in eccesso rispetto alla soddisfazione dei bisogni naturali. Al fine di garantire contro il conseguente accumulo di ricchezza improduttiva, Gandhi postulò il principio di amministrazione fiduciaria in base al quale i ricchi dovevano fungere da fiduciari per la loro ricchezza superflua, che doveva essere utilizzata per la società.

È vero che la dignità del lavoro, l'autosufficienza e l'amministrazione fiduciaria sono generalmente associati al regno economico del pensiero di Gandhi. Tuttavia, sono di rilevanza centrale per il processo di cambiamento sociale per diverse ragioni.

In primo luogo, lo stesso Gandhi insisteva sulla natura globale e integrale delle sue idee e la loro categorizzazione è, pertanto, un anatema al suo schema di trasformazione sociale.

In secondo luogo, queste idee, nonostante il loro apparente orientamento economico, sono fondamentalmente interessate e forniscono importanti strumenti per il cambiamento sociale attraverso la metamorfosi dell'uomo in un essere sociale nel vero senso della parola.

In terzo luogo, la loro operazione rappresenta e rafforza i tratti innati più elevati dell'impegno sociale e della simpatia nella natura umana. In ultima analisi, l'elevazione del lavoro ad un'alta dignità, la ricerca di fiducia in se stessi e la propagazione del principio di fiduciario sono importanti questioni fondamentali del cambiamento sociale perché hanno un impatto diretto sulle strutture sociali esistenti e sulle tendenze umane che militano contro il progresso verso la società ideale.

La verità e l'ahimsa erano considerate da Gandhi come un complesso inseparabile, logicamente distinguibile solo in quanto il primo è il fine e il secondo, il mezzo. Sebbene abbia definito la verità in modi diversi in contesti diversi, non c'è alcuna incoerenza nelle sue formulazioni. Per lui, la verità (la verità assoluta) è identica alla realtà ultima che pervade l'universo (il principio eterno o Dio). Tuttavia, l'uomo non può rendersene conto assolutamente ed è incline a considerare un particolare aspetto di esso, relativo nel tempo, nel luogo o nella sostanza, come il fine stesso. Ciò può generare conflitto tra specifiche verità relative.

Tuttavia, nella competizione tra le diverse verità relative, non può esserci posto per affermare la superiorità dell'uno su un altro e, quindi, per l'imposizione della propria percezione su un avversario. Ciò richiede l'adozione dell'ahimsa come un credo operativo, anzi come un dovere supremo, non solo nel senso negativo di non infliggere danni fisici o emotivi a nessun essere vivente, ma anche - e soprattutto - nel senso positivo dell'empatia attiva con e amore per l'avversario, fino al punto di invitare e sperimentare l'auto-sofferenza.

La lotta per il cambiamento sociale, quindi, richiede l'inculcamento della preoccupazione persistente per la rivelazione della verità assoluta. Ciò implica che ogni individuo deve riconoscere il carattere relativo della propria variante della verità e impegnarsi nella non violenza. In altre parole, il cambiamento sociale deve essere basato su una ricerca cosciente e continua della verità e dell'ahimsa, il modo in cui la sua articolazione è il satyagraha.

Per Gandhi, l'educazione poteva subire il cambiamento sociale solo se dava il primato alla costruzione del carattere rispetto all'acquisizione di conoscenze e abilità professionali, ed era inoltre correlata all'ambiente individuale e orientata al suo miglioramento. L'obiettivo di educazione del carattere dell'educazione doveva essere indirizzato all'inculcazione di valori e atteggiamenti altruistici e doveva contemplare l'intera vita informandone e pervadendone le funzioni di apprendimento e di occupazione.

L'educazione fine a se stessa o per acquisire informazioni specializzate isolatamente dal processo di sviluppo della società era, a suo parere, una contraddizione in termini. Il suo schema di istruzione di base ha cercato di universalizzare l'istruzione rendendo la scuola complementare alla casa e integrando l'orientamento al valore con la vocazionalizzazione, garantendo al tempo stesso l'autosufficienza economica della scuola. Il suo urgente stress sull'istituzione di un sistema educativo socialmente finalizzato rifletteva l'importanza che attribuiva all'educazione come agente efficace per il cambiamento sociale.

L'enfasi di Gandhi sul riconoscimento della tolleranza come valore fondamentale è emersa solo incidentalmente dalla sua preoccupazione per le tensioni e le dispute apparentemente endemiche che affliggono le relazioni intercomunitarie contemporanee in India. Questo perché, per lui, la tolleranza come principio fondamentale derivava dalle sue concezioni di uguaglianza tra i costituenti delle società plurali, la verità e l'ahimsa (come esposto in precedenza in questa sezione). Ogni identità collettiva aveva gli stessi diritti degli altri, indipendentemente dalle dimensioni, e poteva pretendere di sposare non più di una verità relativa.

Inoltre, poteva esercitare il diritto all'auto-espressione solo se concedeva lo stesso diritto agli altri, il che implicava la pratica dell'ahimsa. Una parte lesa è stata invitata a cercare un reggente solo attraverso il mezzo del satyagraha. La tolleranza richiedeva che le questioni controverse fossero risolte attraverso il dialogo, l'arbitrato e il compromesso senza sacrificare il principio fondamentale. La sola tolleranza, egli credeva, poteva fornire fondamenti duraturi di integrazione e armonia complessive in ordini sociali plurali.

Gandhi fu enfatico nel respingere le asserzioni secondo le quali un oggetto poteva essere separato dai mezzi adottati per raggiungerlo e che l'individuo aveva la libertà di impiegare qualsiasi da una gamma di mezzi opzionali per raggiungere il fine desiderato. Per lui, fini e mezzi erano inseparabili e, di fatto, termini convertibili, ed entrambi dovrebbero essere ugualmente puri.

Inoltre, poiché i mezzi erano essi stessi fini nel processo di realizzazione, diversi mezzi conducono a risultati sostanzialmente o qualitativamente diversi, e risultati equi possono emergere solo da mezzi equi. Il suo accento sull'equità o sulla purezza dei mezzi derivava anche dalla sua convinzione che l'uomo può solo sforzarsi e non può comandare risultati, perché ha il controllo sui mezzi soli, mai sui fini.

Ciò che un individuo ottiene attraverso i mezzi impuri lo degrada e lo rende un mortale minore invece di aiutarlo (come puro mezzo) a realizzare la sua piena statura. Mezzi impuri (come la violenza, l'ipocrisia e il tradimento) coinvolgono anche lo sfruttamento di altri individui e, quindi, anche quando raggiungono risultati immediati, seminano il seme del dissenso e della reazione tra coloro che sono stati usati e rendono i risultati instabili o effimeri . I buoni mezzi, o quelli coerenti con la verità, l'ahimsa e la giustizia, possono richiedere più tempo per fruttificare, ma i loro frutti sono duraturi. Gandhi, quindi, ha insistito sul fatto che la realizzazione dell'inseparabilità dei fini e dei mezzi era essenziale per un cambiamento sociale positivo.

Sebbene le premesse di alcune delle idee di Gandhi fossero distintamente a-secolari e usasse un idioma e una metafora che erano in apparenza spirituali, sviluppò le sue idee in modo razionale e raggiunse le sue conclusioni attraverso il metodo scientifico di osservazione, ipotesi e sperimentazione. Ammetteva prontamente errori e variava l'esperimento per scoprire la via giusta per la soluzione di un particolare problema sociale.

Ha sempre fatto il primo test di un'ipotesi su se stesso prima di chiedere a qualcun altro di provarlo. Nel 1933 affermò di aver sviluppato la "scienza del satyagraha" attraverso la "ricerca scientifica", alla quale aveva applicato "tutta l'abilità di uno scienziato". Il suo approccio ai problemi sociali, comprese le questioni religiose e tradizionali, era sempre critico e sosteneva la prova della ragione per dimostrare la validità di qualsiasi dottrina o costume.

La sua critica dei metodi e delle attività delle società di protezione della mucca, il concetto di intoccabilità e il fondamentalismo indù e musulmano contemporaneo era fuori e fuori dal temperamento razionalista, come lo era la sua difesa delle revisioni delle smemis (indù) alla luce del contemporaneo obiettivi e bisogni.

Egli credeva che i suoi concetti di uguaglianza, verità, ahimsa, swadeshi e lavoro sul pane avrebbero trovato riconoscimento universale solo se giustificati dalla razionalità popolare. È vero che ha dato alla fede un piedistallo più alto della ragione per certi aspetti, ma allo stesso tempo, ha sostenuto che mentre la fede ha superato la ragione, non la contraddisse, e la ragione è rimasta una preziosa guida per l'uomo nella sua vita sociale. Quindi, per Gandhi, la spinta verso una visione scientifica e razionale della vita era una strumentalità importante per la trasformazione sociale.

Il precedente resoconto delle questioni fondamentali del cambiamento sociale ha cercato di identificare i diversi poli della spinta interventista del programma sociale ricostruttivo di Gandhi, i cui obiettivi erano duplici: instillare nell'uomo una preoccupazione profonda e costante per certi valori e obiettivi sociali, e istituire disposizioni pratiche che servano a rafforzarle e prevenire (e, di fatto, evitare) la regressione verso tendenze asociali ed egocentriche. L'agente di questo intervento sarebbe l'uomo stesso, con l'avanguardia che comprende persone, che, "attraverso una trasformazione rivoluzionaria di sé", avvierebbe "un processo di riordino sociale" e aiuterebbe "a creare istituzioni che installano e sostengono una civiltà normale".

Questa avanguardia avrebbe mobilitato le persone con l'esempio più che precetto in una spinta collettiva verso la società ideale. I valori e gli obiettivi sociali prescritti da Gandhi dovevano essere gli elementi essenziali dell'ideologia personale degli individui che costituivano l'avanguardia, ma la loro ultima prova era la loro accettazione da parte del popolo come credo operativo.

Teoria del cambiamento sociale:

Gandhi non ha costruito una teoria del cambiamento sociale nel senso che fanno la maggior parte degli analisti sociali. Ma sparsi per la vastità dei suoi scritti sono molti indicatori e indicazioni attraverso i quali è possibile delineare il suo disegno per il riordino sociale. Questo design è radicalmente diverso da quello di altri pensatori sociali.

È pertinente ricordare che le sue idee erano in parte il risultato della sua interazione con la valutazione e della valutazione della civiltà moderna, tipica dei ricchi paesi industriali e in parte l'esito delle sue lotte politiche e sociali in Sud Africa e India.

Anche la sua educazione e le sue letture hanno giocato un ruolo importante nel suo orientamento verso l'uomo e la società. Le sue proposte per il cambiamento sociale sono diverse perché non riguardano il progresso della civiltà o il processo storico; la sua preoccupazione principale è il destino dell'uomo, che secondo lui è l'autosviluppo, e giudica una civiltà secondo la sua capacità di realizzare questo scopo. Il benessere materiale è la principale considerazione della civiltà moderna; contraria a questa è la visione del progresso di Gandhi come il movimento verso l'auto-scoperta o l'autorealizzazione dell'uomo.

Pertanto, è necessario in questo contesto iniziare con un esame della teoria di Gandhi sulla natura umana o sulla sua concezione dell'uomo. Comincia col riconoscere che nelle sue inclinazioni di base, l'uomo è essenzialmente un bruto e facilmente portato verso la gratificazione della sua natura brutale fondamentale o inferiore. Questa personalità fenomenica dell'uomo è soggetta alla legge della natura (o, l'impulso egocentrico di sopravvivere e dominare con qualsiasi mezzo) che governa tutti gli esseri viventi. Tuttavia, l'uomo è anche dotato, a differenza del bruto, di ragione, discriminazione e libero arbitrio, che lo investono della capacità di scegliere il tipo di vita che conduceva e il tipo di relazione che avrebbe con i suoi simili, o il resto dell'umanità.

Di conseguenza, "la legge della natura applicata a ... [l'uomo] è diversa dalla legge della natura applicata al ... [bruto]", poiché queste doti gli consentono di essere consapevole delle conseguenze autodistruttive degli illimitati espressione dei suoi brutali istinti. Come diceva Gandhi: "Se tutti gli uomini dovessero agire secondo la loro legge senza legge, ci sarebbe il caos perfetto entro 24 ore. Essendo l'essere umano più appassionato della bestia, nel momento in cui ogni ritegno è ritirato, la lava della sfrenata passione avrebbe sovraffollato l'intera terra e distrutto l'umanità. "

Inoltre, l'uomo possedeva anche una tendenza morale e spirituale a causa dell'elemento della divinità presente in lui. Sotto la sua fenomenale esteriorità, c'era un nucleo interiore più alto che lo distingueva dal resto della creazione. Questo era il vero sé dell'uomo (il "sé"), che era immanifesto e non rivelato. La personalità esteriore dell'uomo e del suo io interiore erano entrambi orientati socialmente, poiché l'uomo era un essere sociale per natura così come le costrizioni di sopravvivenza.

Ma mentre l'aspetto fenomenico tendeva verso gli istinti inferiori di dominare e sfruttare i propri simili, il vero sé cercava la realizzazione attraverso l'attualizzazione dell'istinto morale di fraternità e simpatia. Tuttavia, il vero sé rimase soppresso finché la personalità esteriore esercitava il dominio sull'individuo.

Gandhi sosteneva che ogni individuo aveva in sé il potenziale per elevarsi al di sopra delle sue inclinazioni naturali, o inferiore, e sforzarsi di diventare un essere umano totale, purché comprendesse gli aspetti morali e spirituali della sua natura e esercitasse la sua volontà per lo scopo. Lo sforzo di muoversi verso un piano superiore dell'esistenza ha avviato il processo di scoperta del vero sé - dell'auto-realizzazione.

Gandhi, tuttavia, respinse l'idea che lo sforzo dell'individuo per l'autorealizzazione, o al di sopra della legge della natura, potesse essere significativo solo se trascendeva le forze del mondo fenomenico rinunciando a tutte le preoccupazioni esistenziali e ritirandosi dal regno sociale . Invece, ha postulato la dottrina secondo cui il dovere dell'individuo "consiste nel rimanere nel mondo e impegnarsi in azioni non motivate dall'interesse personale, ma orientate verso il miglioramento della sofferenza degli altri".

Per Gandhi, la vera libertà significava liberare (o innalzarsi) dalla legge della natura e riconoscere l'unità fondamentale dell'uomo e l'uguaglianza degli individui. In altre parole, le leggi progettate per proteggere l'individualità dell'uomo e sancire i suoi diritti non erano l'essenza della libertà, perché era importante la libertà di sé di evolvere e portare l'uomo verso l'altruismo disinteressato, che rappresentava il suo dovere e il suo destino di faticare instancabilmente per perfezione.

Tuttavia, il percorso verso un'autentica scoperta di sé è disseminato di numerose insidie. La prima di queste è l'attrazione seduttiva del benessere materiale e la gratificazione che essa apporta ai sensi. Gandhi sosteneva che "l'uomo deve scegliere uno dei due campi, l'alto o il basso, ma dato che ha il bruto in lui, sceglierà più facilmente la rotta verso il basso piuttosto che verso l'alto, specialmente quando il corso discendente gli verrà presentato in un bel vestito ".

Una seconda trappola è che per ignoranza, non è in grado di discriminare tra le preoccupazioni mondane e gli imperativi dell'autorealizzazione. Un terzo nasce dal legame dei samskara, o dalle abitudini socialmente condizionate o acquisite di pensiero e comportamento, che offuscano la sua visione e lo rendono, virano verso azioni che riflettono il suo sé inferiore. Infine, l'impegno in qualsiasi tipo di azione (compresa l'azione filantropica), senza la consapevolezza costante della necessità di rimanere distaccati dai frutti (anche i frutti socialmente benefici) di tale azione, attiva l'ego e apre la porta per l'affermazione del minore auto e immersione nel mondo fenomenico.

Ma Gandhi aveva fede nella definitiva redenzione dell'uomo. Dal suo punto di vista, l'individuo non era solo perfezionabile, ma aveva anche la scintilla per cercare la perfezione, e questa ricerca, per quanto umile o limitata, ha avviato il processo di trasformazione sociale. Tuttavia, il suo sforzo non potrebbe avere alcun contenuto o significato isolato dai suoi simili - dalla società. Pertanto, la questione della relazione tra l'individuo e la società era al centro della sua teoria sociale.

Gandhi credeva che l'individuo e la società fossero parti di un tutto organico in cui erano inclusi tutti gli esseri viventi e gli oggetti materiali. C'era un'unità essenziale alla base di tutti i fenomeni, che sottolineava il fatto della mutua dipendenza tra di loro. Egli fornisce una descrizione grafica di questa relazione nel seguente passaggio: "L'individualità è e non è, anche se ogni goccia nell'oceano è un individuo e non lo è. Non lo è, perché a parte l'oceano non ha esistenza. Lo è, perché l'oceano non ha esistenza se la goccia non ha, cioè non ha individualità. Sono meravigliosamente interdipendenti. E se questo è vero per la legge fisica, quanto più del mondo spirituale? "

Tuttavia, non c'è dubbio che per Gandhi l'individuo era il fattore principale e la crescita aziendale era determinata dalla crescita individuale. Diceva spesso che "una catena non è più forte dell'elemento più debole in essa". Ma ciò non significava che l'individuo fosse supremo, poiché la sua stessa individualità sarebbe priva di rilevanza se si sviluppasse senza riferimento alle individualità degli altri, o se i loro bisogni fossero subordinati alle sue esigenze. In effetti, lo sforzo dell'uomo per l'autorealizzazione si sconfiggerebbe se diventasse una ricerca di salvezza personale o un'impresa privata in cui la società fosse solo una struttura necessaria.

Un individuo che si muoveva sulla strada verso la scoperta del suo vero sé non aveva alcuna pretesa superiore alle risorse sociali di chi era immerso nelle richieste della sua natura inferiore. Al contrario, la prima condizione della crescita morale era il riconoscimento della priorità dei bisogni degli altri, dell'indivisibilità dell'uomo e dei suoi simili - dell'unicità dell'unità dell'individuo e della società.

Gandhi pone quindi il concetto, non tanto dell'interdipendenza dell'uomo e della società, quanto della loro integrità. Per lui, la dicotomia dell'individuo e della società è falsa. La società non è qualcosa di esterno all'individuo, ma una proiezione della propria identità o un'estensione del sé. La dottrina di Gandhi, quindi, rigetta sia la visione marxiana dell'uomo come un insieme di relazioni sociali la cui natura è governata dalle condizioni oggettive della sua esistenza (le strutture materiali fondamentali della vita sociale) e la visione liberale dell'uomo come libero agente in una ambiente, che nasce "meccanicamente e indipendentemente dalla volontà individuale, dalle azioni di innumerevoli individui autonomi l'uno sull'altro e in risposta l'un l'altro, comportandosi il più razionalmente possibile per la protezione dei loro interessi privati ​​... senza alcun riguardo per autorità o valori individuali ".

Nel suo schema, l'individuo è potenzialmente un'entità moralmente autonoma, intrappolata dalla sua natura inferiore in asservimento ai falsi imperativi e ai valori del mondo fenomenico, ma capace di essere eccitata alla sua libertà morale di perseguire la chiamata del sé superiore. Questa ricerca inizia indipendentemente dal tessuto sociale, ma il corso di questo movimento verso l'autorealizzazione rimodella il suo ambiente in accordo con i concomitanti morali e spirituali del sé superiore, che sono costruiti sull'altruismo disinteressato, o l'imperativo di sommergere l'identità individuale in il servizio dell'umanità.

Alla luce della precedente discussione, si può ricapitolare, a grandi linee, la teoria del mutamento sociale di Gandhi. A prima vista, sembrerebbe che le sue idee, con la loro enfasi sulla divinità dell'uomo e l'unione con Dio come il destino ultimo dell'individuo, derivino da premesse spiritiche e abbiano obiettivi spiritualisti. Tuttavia, su una riflessione più profonda, diventa chiaro che questi concetti sono metaforici (e non sostanziali) nella sua teoria e il loro scopo è quello di sottolineare la necessità di considerare ogni individuo come assolutamente uguale nel sociale e di elevare lo sforzo altruistico al più alto livello di condotta umana.

Egli non postula alcun disegno divino per l'universo, o l'operazione di una legge divina che comporta la punizione per le trasgressioni della volontà di Dio, o per l'aldilà. La sua visione dei primitivi istinti brutali dell'uomo e la possibilità della loro sublimazione attraverso lo sforzo per l'autorealizzazione, o il movimento dalla falsa coscienza alla vera coscienza, è un saggio nella psicologia dell'uomo, che ha una sorprendente concordanza con le teorie moderne del comportamento umano.

Per Gandhi, la verità era, nella sua essenza, lo stato di libertà dai motivi egoistici e il continuo bisogno di superare l'incantesimo della falsa coscienza. La sua fede nella perfettibilità dell'uomo, o nella capacità dell'individuo di perseguire incessantemente la verità, è un riflesso della convinzione che è possibile per l'uomo, a livello individuale e collettivamente, procedere in modo non regressivo da un per quanto riguarda un altro-per quanto riguarda le prospettive.

Questa ricerca è aiutata dallo sforzo di aderire a certe norme di condotta e Gandhi ha suggerito un certo numero di tali standard referenziali. In tal senso, il suo approccio è normativo. Credeva anche che mentre la condotta dell'uomo era influenzata dai valori correnti nella società, l'uomo aveva anche la capacità di impegnarsi a valutare orientamenti che andavano oltre la sfera dei valori sociali esistenti.

I valori sociali emanavano dall'interazione dell'uomo e del suo ambiente sociale e erano necessariamente relativi nello spazio e nel tempo. Tuttavia, i valori che rappresentavano una dicotomia percepita tra l'individuo e la società, o che erano discordanti con l'unità essenziale di tutti gli esseri umani, erano falsamente riflettenti del sé inferiore. I veri valori devono, secondo lui, essere rilevanti per il benessere morale dell'individuo e della società.

Ma Gandhi non era un positivista, perché non credeva o prescriveva un sistema fisso di valori ultimi e respingeva il concetto di progresso in modo lineare. Il progresso non poteva essere misurato su una scala materiale e doveva essere correlato alla misura in cui l'individuo aveva progredito sul sentiero dell'autorealizzazione e nella misura in cui l'ordine sociale si era sviluppato in uno che aiutava, non ostacolato, questa ricerca .

Tuttavia, Gandhi respinse il calcolo utilitaristico del bene più grande del maggior numero perché, "nella sua nudità, significa che per raggiungere il presunto bene del 51 per cento, l'interesse del 49 per cento potrebbe essere, o meglio, dovrebbe essere sacrificato ”. Lo ha definito "una dottrina senza cuore che ha fatto del male all'umanità". Contro l'ideale utilitarista, propose "l'unica vera dignità, dottrina umana" di sarvodaya, o il più grande bene di tutti, che poteva essere raggiunto solo "con il massimo sacrificio di sé".

Essere animati dallo spirito di sacrificio di sé doveva procedere verso l'autorealizzazione, il cui scopo era il raggiungimento dell'integrazione tra l'individuo e la società. Tuttavia, questo obiettivo poteva essere raggiunto solo gradualmente, poiché l'uomo era soggetto a una serie di limitazioni, fisiche, fisiologiche e intellettuali, che ritardavano la sua capacità di trascendere i suoi vicini. Gandhi, quindi, prescrisse il percorso dell'impegno e del servizio a "il nostro ambiente immediato per l'esclusione dei più lontani", che è articolato dal concetto di swadeshi.

Il concetto di swadeshi era, secondo la teoria di Gandhi, inestricabilmente legato all'ideale della repubblica del villaggio o comunità autosufficienti, autosufficienti e autonome, che, tuttavia, non erano auto-limitanti o auto-limitanti, poiché avevano una rete di collegamenti reciprocamente solidali e simpatici con le loro controparti.

Queste comunità non dovevano essere organizzate gerarchicamente, ma sarebbero racchiuse in "cerchie sempre più ampie, mai ascendenti", in cui la vita "sarà un circolo oceanico il cui centro sarà l'individuo sempre pronto a perire per il villaggio, quest'ultimo pronto perire per la cerchia dei villaggi, fino a quando il tutto diventa una vita composta di individui, mai aggressivi nella loro arroganza, ma sempre umili, condividendo la maestà del circolo oceanico di cui sono unità integranti ".

Rappresentavano anche un sistema sociale che era partecipativo nel carattere ed era così costituito che incoraggiava la tendenza cooperativa, cioè aiutava l'individuo a rompere il guscio ristretto di individualità egoista per raggiungere l'obiettivo dell'altruismo disinteressato. In other words, they constituted a social order that enabled man to attempt the transformation of society through self-transformation.

Thus, Gandhi's thinking on social change was in terms of a social revolution in which systemic change was attained through a moral revolution in values. His most important contribution to the general techniques of revolution was the theory of ahimsa (non-violence) and its practice in the form of satyagraha. This included, firstly, the use of moral force by an individual dedicated to the service of the people and, secondly, collective pressure and persuasion against the opponents.

What was envisaged by Gandhi was a dialectical opposition of values in which the satyagrahi pitted the whole of his spiritual strength against the opponent and was prepared to suffer all hardships – physical and emotional – heaped on him.

Initially, the opponent might not be moved, but Gandhi believed that no individual was without a divine spark which could, in certain circumstances, be ignited and made to respond to a moral appeal. The satyngrahi's effort was to reach this depth of the individual being and bring out its most noble aspect.

Violence, or even a slight compromise in means, could not be considered, as the question concerned human values. Against such an onslaught, the opponent is expected to assert his perception of truth or reality and the struggle might continue, but each stage would be marked by a higher level of truth.

In such a moral struggle, however long and protracted, the outcome would perforce be a moral one, for as long as the protagonists of different partial versions of the truth made a constant effort to comprehend the fact of the relativity of their perception, their confrontation initiated the process of its revelation and had the positive outcome of bringing all closer to the absolute truth.

The Modern Non-Violent Social Order:

Gandhi was sceptical about drawing up a detailed plan for a modern non-violent social order for several reasons. As the individual was instrumental in transforming society through the extension of his self, social institutions and systems were reflections of his moral and social level. A violent people would obviously create a violent society, while a non-violent people would create a non-violent one.

Therefore, Gandhi felt that it was futile to draw up a social scheme before the adequate moral level was attained. In 1929, he wrote: “We do not know our distant goal. It will be determined not by our definitions, but by our acts, voluntary and involuntary. If we are wise, we will take care of the present and the future will take care of itself. God has given us only a limited sphere of action and limited vision. Sufficient unto the day is the good thereof.”

Secondly, Gandhi's faith in the principles of renunciation of the fruits of action precluded planning far into the future as that could lead to attachment and desire. It emphasized concentration on immediate duties and problems and reliance on the efficacy of good deeds.

If the seeker of truth gave free rein to his imagination and dissipated his energy in an attempt to describe the social order that would emerge after the non-violent revolution, he would encumber himself with irrelevant details and lose his detachment, his thought control and present efficiency.

There was another reason for Gandhi's lack of emphasis on the future social order. Satyagraha was a science in the making. He had not worked it out in its entirety. He was still experimenting with non-violence, trying to apply it to all spheres of life and studying its possibilities. Indeed, he felt that the experiment was not even in an advanced stage. Therefore, he regarded the very effort to determine in detail the institutional forms of the future non-violent society as premature and “unscientific”.

Nevertheless, we do find fairly detailed references in his writings to the kind of society Gandhi envisioned as ideal, inasmuch as it had the quality to help man in the pursuit of unfolding his real self. To Gandhi, society provided the framework in which the individual could strive meaningfully and achieve liberation. He had a deep distrust of politics and he refused to assign a significant role to political machinery as the agent of individual or social change.

He viewed “an increase in the power of the state with the greatest fear because … it does the greatest harm by destroying individuality, which is at the root of all progress …. The state represents violence in a concentrated and organized form. The individual has a soul, but as the state is a soulless machine, it can never be weaned from the violence to which it owes its very existence.”

He pictured the ideal society as an “enlightened anarchy”, where “everyone is his own ruler, and … there is no political power, because there is no state”. However, Gandhi-was also a realist and, despite his negative assessment of the political realm, felt called upon to participate in the arena of politics: “If I seem to take part in politics, it is only because politics encircles us today like the coil of the snake from which one cannot get out, no matter how much one tried. I wish therefore to wrestle with the snake.” It was the same realism that, in later writings, brings him towards the acceptance of the inevitability of the state in human affairs. However, the state of his conception, the non-violent state, was a distinctive entity, quite different from any other model of the state.

To Gandhi, political power, or the state, was not an end in itself, but “one of the means of enabling people to better their condition in every department of life”. Thus, he did not accept the Hegelian view of the state as the final goal of human organization, the ultimate end that has the highest right against the individual and is itself above morality.

He was against the theory of absolute sovereignty of the state, which lays upon the individual the duty of absolute, unquestioning obedience to the law of the state. For him, sovereignty was of the people based on pure moral authority. Though Gandhi makes the disobedience of laws that offended the moral sense a right as well as a duty of the citizen and considers such disobedience the key to democracy, he provides ample safeguards against anarchy by making this disobedience civil and non-violent.

Gandhi consistently favoured a democracy, but, for India, based it on a system of indirect election to circumvent the problems of its vast size and its relative backwardness. In his view, all public offices had to be held in the spirit of service without the slightest expectation of personal gain. To ensure that only virtuous persons were elected to represent the people, he postulated the “labour franchise”, which meant that political rights would only devolve on those who performed manual labour.

To quote him, “The qualifications for franchise should be neither property nor position, but manual work … [for a] literacy or property test has proved to be elusive. Manual work gives an opportunity to all who wish to take part in the government and the well-being of the state.” Labour franchise is the application to politics of the ideal of bread labour, which aims at making life self-sufficient and people self-reliant and fearless.

Gandhi wanted to reserve the right to vote only to people aged between 18 and 50. People above 50 would have only moral influence, but no political authority through the vote. The non-violent state would have to be a secular state. Even if the whole community had only one religion, the state must not patronize it. Everyone living in the state should be entitled to profess his religion without let or hindrance, so long as he obeyed the common law of the land.

However, Gandhi held the teaching of fundamental ethics to be a function of the state. The state must not undertake religious education, which must be the sole concern of religious associations. He was also opposed to state aid to religious bodies.

Crime, though diminished, would not disappear from the non-violent state because it would not consist only of ideal men. But Gandhi regarded all crime as the result of social malfunctioning and so prescribed its treatment along different lines. Criminals would be detained, not for punishment or deterrence, but for reform. Prisons would be turned into reformatories and workshops so that their inmates could be rehabilitated and discharged prisoners might become model citizens of the state.

A police force would be necessary, but its ranks would be composed of believers in non-violence. They would be servants, not masters of the people. The force would carry some kind of arms, but they would use them rarely, if at all. In fact, policemen would be reformers and their police work ought to be confined to robbers and dacoits. Gandhi was opposed to the use of the army for the protection of civil liberties, internal peace and even against foreign aggression. In the non-violent state, he would completely decentralize defence against aggression and injustice. However, he was in favour of a non-violent army.

In the sphere of production, the non-violent state would differ from the stateless society in that the indispensable large scale production as well as heavy transport would continue. Gandhi conceded that so-called civilized man had come to regard these as essential for his comfort and convenience. But centralized production, he felt, should be so planned as to sub-serve and not destroy villages and their crafts.

For this purpose, he would permit private ownership of the means of production only if the capitalist raised the worker to the status of co-proprietor of his wealth and both labour and capital worked as mutual trustees and trustees of consumers.

Failing this, he would accept state ownership. These nationalized, state owned factories, he said, ought to work under the most attractive and ideal conditions, not for profit, but for the benefit of humanity. In state owned enterprises, workers should have a place in the management through their elected representatives and an equal share in the management with the representatives of the government.

The production of primary necessities such as food and cloth had to be completely decentralized in that it should remain in the control of the masses. Even in this sphere of production, Gandhi said, so long as villages aimed at being self-contained and manufactured mainly for use, he had no objection to villagers using even modern machines and tools that they could make and afford to employ. Only, such machines and tools should not be used as a means of exploitation of others. Thus, if electricity could be made available in villages, he would not mind villagers plying their tools and implements with the help of electricity. But then the village communities or the state would own the power houses just as they did their grazing pastures.

The state would promote small scale industries and would control natural resources such as forests, minerals, power resources and communications in the interest of the people. The state would regulate the rate of commission to be paid to the trustees for the wealth accumulated by them. If landlords and capitalists failed to live up to the ideals of trusteeship and voluntary efforts proved unavailing, the state would have to end the various forms of landlordism and own and manage, jointly with workers' representatives, the unavoidable centralized production. Gandhi was of the view that the role of the state would diminish gradually once the non-violent structure was firmly established and economic life became increasingly self-regulated.

A unique feature of Gandhi's scheme of taxation, however quaint, was the idea of payment in labour, rather than in money. He said, “Payment in labour invigorates the nation. Where people perform labour voluntarily for the service of society, exchange of money becomes unnecessary. The labour of collecting the taxes and keeping accounts is saved and the results are equally good.” Payment in this form also implies the use of taxes for the benefit of the area in which they are collected.

Before concluding this section, Gandhi's concepts of nationalism and the related theme of internationalism may be considered as they are the projections of his ideas for laying the foundation of a new social order in the world. Nationalism, in his view, was not confined to the territorial limits of a nation, but transcended them and had universal connotations. It could not be aggressive, exclusive or destructive.

Una delle ragioni per cui il nazionalismo era costruttivo secondo la sua opinione era che i mezzi che impiegava per realizzarsi erano la non violenza, il metodo di conversione e di non coercizione. Inoltre, è stato ispirato dall'ideale dell'unità del mondo radicato nella più alta verità, l'unità spirituale dell'umanità e rappresentava un Paese che impara a vivere, non sfruttando gli altri, ma servendo gli altri e morendo per gli altri.

Come tale, ha detto, il nazionalismo non violento è il presupposto essenziale di un sano internazionalismo. Nel 1925, scrisse: "È impossibile per uno essere internazionalista senza essere un nazionalista .... Non è il nazionalismo che è un male, è la ristrettezza, l'egoismo, l'esclusività che è la rovina delle nazioni moderne ... Il nazionalismo indiano ... vuole organizzarsi o trovare piena espressione di sé per il beneficio e il servizio dell'umanità in generale. "

Il nazionalismo a Gandhi non significa indipendenza isolata, ma uno stato di sana e dignitosa interdipendenza con le altre nazioni. Una tale condizione di convivenza pacifica poteva essere mantenuta, pensò, solo dal mondo che era unito sotto un corpo direttivo centrale composto dai rappresentanti delle parti componenti.

Solo una tale organizzazione internazionale che è stata stabilita e mantenuta liberamente dalla non violenza potrebbe risolvere tutti i problemi del mondo. La Società delle Nazioni fallì nel suo dovere perché mancava le necessarie sanzioni, sentiva. Questo potere dovrebbe essere basato sul satyagraha o sulla non cooperazione non violenta, la cui efficacia era stata dimostrata in India. La prima necessità era la rinuncia agli armamenti e l'uso della forza per difendere anche i diritti provati.

"I comprovati diritti", scrive, "dovrebbero essere in grado di essere giustificati con i mezzi giusti contro i mezzi rudi o sanguinari". Per controllare violente esplosioni tra stati, accoglierebbe una forza di polizia internazionale nonviolenta simile a brigate di pace o la forza di polizia dello stato non violento. Prima che iniziasse il disarmo generale, disse, una nazione avrebbe il coraggio di disarmarsi e correre grandi rischi. Il livello di non violenza in quella nazione sarebbe naturalmente salito così in alto da imporre un rispetto universale.

Gandhi era chiaro che tutte le nazioni che componevano la Società delle Nazioni avrebbero dovuto essere completamente indipendenti e non ci sarebbe stata alcuna questione di superiorità o inferiorità tra di loro. La nazione più piccola dovrebbe sentirsi la più alta.

Questo stato di cose potrebbe essere raggiunto solo dopo l'instaurazione di relazioni internazionali politiche ed economiche e la fine dell'imperialismo. A tal fine, le grandi nazioni dovrebbero liberarsi della concorrenza e il desiderio di moltiplicare i desideri e le proprietà materiali, ovviamente, un prerequisito di una tale lega internazionale sarebbe l'inculcazione dei valori non violenti da parte delle nazioni membri.

In breve, la teoria del cambiamento sociale di Gandhi porterebbe alla creazione di una società in cui l'individuo medio avrebbe raggiunto un alto livello di crescita morale e condurrebbe una vita aziendale caratterizzata da approssimativa uguaglianza sociale ed economica, genuina coscienza politica, volontaria cooperazione e semplicità.

Rilevanza contemporanea:

Ci rivolgiamo infine a un esame della rilevanza contemporanea di Gandhi. "La moderna civiltà industriale", come la descrisse Gandhi, si è insinuata in molte parti del mondo e questo ha portato l'uomo a cercare soddisfazione attraverso la soddisfazione dei suoi bisogni materiali, "preoccupandosi sempre meno di scoprire il suo vero o sé interiore. Il mondo è diviso approssimativamente in paesi molto ricchi e molto poveri, e all'interno di ogni paese c'è una polarizzazione sociale ed economica.

Lo sfruttamento e la violenza sono fenomeni comuni della vita. Valori trascendentali come l'onestà, la moralità, l'armonia e la gentilezza, che indicano la via per una vita integrata e semplice, hanno poca attrazione. Potenti forze di divisione sono al lavoro al loro posto, il che sta portando ad un'estrema frammentazione della nostra vita sociale e politica. La religione, la regione e il linguaggio sono diventati dei motti sotto la cui copertura sono commessi molti crimini.

Un'altra importante conseguenza della civiltà moderna è la vera minaccia al nostro ecosistema o alla nostra biosfera. Ad esempio, i livelli di emissioni di anidride carbonica sono aumentati del 29% negli ultimi 150 anni, portando al riscaldamento globale, che sta causando lo scioglimento dei ghiacciai, l'innalzamento del livello del mare e l'annegamento delle pianure costiere.

Il suolo, l'aria e l'acqua si intasano di sostanze chimiche nocive dagli effluenti industriali inquinanti che, a loro volta, stanno danneggiando pericolosamente la salute umana, a quanto pare causando malattie come il cancro della pelle, gastrointestinali, oculari, problemi dentali e ossei, aborti "spontanei" e persino alterando il DNA umano.

In uno scenario così cupo, le proposte di Gandhi relative al cambiamento sociale assumono un'importanza particolare. Scrittori e pensatori moderni hanno riconosciuto il fatto della "totalità spezzata" della vita umana moderna priva della nozione di bene intrinseco e di un approccio olistico. Gandhi ha sottolineato l'unità essenziale di ogni vita con l'interdipendenza come la legge della vita. Questa era anche la verità suprema o Dio per Gandhi, la cui realizzazione era l'obiettivo di tutta la vita.

Satyagraha era il mezzo che ha forgiato per lo scopo. Il concetto era parte integrante della ricerca della verità e dell'ahimsa. Si potrebbe mettere in discussione la praticità della tecnica del satyagraha per provocare cambiamenti nel moderno ambiente sociale e politico. Se si accetta che ci sono e sempre saranno individui che possono elevarsi al di sopra di se stessi e stimolare movimenti radicali che articolano le preoccupazioni popolari con determinazione e moderazione, il satyagraha assumerà significato come modalità efficace e rilevante di azione popolare.

I fiorenti movimenti ambientali nel cuore della moderna civiltà industriale, e in particolare le loro articolazioni locali e comunitarie, rappresentano il nucleo della tecnica del satyagraha nel loro carattere non violento e di massa. Il grado di successo che hanno raggiunto costringendo i governi a istituire una legislazione ecologica, costringendo le unità industriali a rispettarle e infondendo alle persone una coscienza ecologica rivendica la praticità e la pertinenza del concetto.

Evidentemente, non ci può essere maggiore incriminazione della civiltà moderna rispetto alla corsa agli armamenti tra le superpotenze e le potenze minori, la loro forte dipendenza dalla vendita di armi verso altri paesi e la crescente sofisticazione nella produzione di armi progettate per annientare ampie porzioni dell'umanità . In questa situazione, le tecniche non violente, che richiedono sia il coraggio morale che il coraggio fisico, sembrano essere l'unica via d'uscita razionale. Come suggerì Gandhi, un grande potere dovrà avere il coraggio di iniziare il processo di disarmo disarmando se stesso, piuttosto che continuare a partecipare alla corsa agli armamenti.

In questo contesto, si può notare che un gruppo di nazionalisti palestinesi aveva cercato di applicare la filosofia della nonviolenza di Gandhi per costringere Israele a porre fine alla sua occupazione della Cisgiordania e della Striscia di Gaza. A guidare il movimento è stato Mubarak Awad, direttore del Centro palestinese per lo studio della non-violenza, che era convinto che gli israeliani non sapessero come gestire le persone che praticavano la non violenza.

Awad venne in India per sei settimane nel 1986 e discusse con i gandhiani sui modi in cui poteva usare la filosofia di Gandhi per far avanzare il nazionalismo palestinese. Disse: "Dico alla gente niente sassi da lancio, nessun comportamento violento di alcun tipo. Anche se arrivano i carri armati, non scappare perché hai la verità dalla tua parte ".

I movimenti popolari ben noti nella storia recente basati sulla disobbedienza civile hanno riconosciuto il forte impatto di Gandhi sulla loro filosofia e strategia. Martin Luther King, leader del movimento per i diritti civili negli Stati Uniti, ha dichiarato: "Gandhi è stata probabilmente la prima persona nella storia a sollevare l'etica amorosa di Gesù al di sopra della semplice interazione tra individui e una forza sociale potente ed efficace su larga scala .... L'intero concetto di 'satyagraha' era profondamente significativo per me. "

Gandhi divenne il simbolo della resistenza e fu riconosciuto come tale dai rivoluzionari nonviolenti nell'Europa orientale, come Lech Walesa in Polonia e Vaclav Havel in Cecoslovacchia negli anni '80. Il Dalai Lama ha sempre proclamato l'influenza di Gandhi nel suo sforzo non violento per ottenere autonomia per il Tibet. Negli anni '90, Nelson Mandela era in grado di riconoscere pubblicamente che "l'influenza gandhiana dominava le lotte per la libertà nel continente africano fino agli anni '60". Molto recentemente, l'influenza di Gandhi sembra aver motivato i monaci buddisti che hanno lanciato un potente movimento a Lhasa nel marzo 2008 e a Yangon contro il regime autoritario in Myanmar.

In termini di sviluppo sociale, l'India presenta un paradosso: mentre, da un lato, il pluralismo culturale è chiaramente evidente, dall'altro, il comunismo e il conflitto comunale rappresentano una grave minaccia per la pace e lo sviluppo. Le opinioni di Gandhi in questo senso assumono una grande importanza per noi. La sua preoccupazione principale era l'evoluzione dei valori umani nel contesto della verità e della moralità, e per questa ragione, non era attaccato dogmaticamente a nessuna religione. Dal suo punto di vista, tutte le principali religioni del mondo erano manifestazioni di verità, ma nessuna era perfetta perché ognuna era interpretata attraverso l'azione umana.

Ogni religione doveva essere guardata dal punto di vista dell'aderente in quanto soddisfaceva un bisogno spirituale in lui. Equità e tolleranza reciproca devono costituire la regola fondamentale della vita in una società multiculturale. Era necessario considerare lo spirito essenziale e basilare di un sistema religioso, piuttosto che i suoi dettagli esterni e mondani. Gandhi era intransigente da un punto di vista. La ragione, ha detto, deve costituire l'unica guida per accettare l'autenticità dei testi religiosi e, pertanto, le abitudini e le tradizioni irrazionali e superstiziose associate alla religione dovrebbero essere respinte.

Secondo Gandhi, lo stato doveva essere rigorosamente laico e distaccarsi da tutte le attività religiose e non patrocinare alcuna denominazione. L'appello del governo al sentimento religioso in qualsiasi forma era riprovevole. La comunità di maggioranza ha avuto un ruolo positivo nel disinnescare le tensioni collettive. Essere più forti deve, ha detto, estendere la mano dell'amicizia e cercare di far sentire le minoranze sicure.

In questo contesto, Gandhi ha sempre desiderato che i leader rispettati di entrambe le comunità si incontrassero e discutessero questioni controverse in uno spirito di reciproco rispetto e considerazione per i sentimenti reciproci. Le questioni che non potrebbero essere decise in questo modo dovrebbero essere riferite ai consigli di arbitrato composti da persone eminenti che godono di una reputazione di equità.

Un altro suggerimento di Gandhi per disinnescare la tensione comunale ha una buona dose di rilevanza contemporanea. A livello di località, gli individui che godono della fiducia di entrambe le comunità dovrebbero formare brigate di pace, il cui scopo sarebbe quello di appianare le differenze e formare ponti per promuovere una cooperazione attiva tra le comunità. Le donne, pensava, avevano un ruolo speciale da svolgere qui. Gandhi credeva che le donne avessero maggiori poteri persuasivi e potessero effettivamente plasmare l'opinione pubblica. Gandhi morì martire della causa del comunismo e, nella sua morte, mostrò la via dell'armonia comunitaria.

La stampa e altri media hanno sempre svolto un ruolo importante nella diffusione o nel contenimento di questioni emotive come il comunitarismo. Gandhi era a favore di editori, giornalisti e reporter seguendo un codice minimo di moralità professionale e riferendo con un senso di responsabilità sociale. Era anche dell'avviso che la scrittura scurrile sulla stampa dovesse essere sottoposta per revisione ai consigli arbitrali, che verificherebbero i fatti e avrebbero pubblicato le versioni corrette. Una tale politica potrebbe essere seguita ai nostri tempi con un vantaggio comune per tutti.

Gandhi considerava l'educazione un mezzo potente per trasmettere valori secolari e umani ai bambini. Sottolineò la necessità di assicurare che i programmi di studio fossero liberi da pregiudizi religiosi e progettati per promuovere l'etica fondamentale comune a tutte le religioni. Era totalmente contrario alla proprietà e alla gestione delle istituzioni educative da parte di enti religiosi, poiché spesso propagavano sentimenti comuni.

Tuttavia, non gli importava che le istituzioni religiose costituissero un'educazione puramente religiosa, poiché ciò non era destinato alla popolazione generale o agli studenti generali. Queste idee sono piuttosto pertinenti al presente in quanto le istituzioni educative sponsorizzate dallo stato o dallo stato in India non sono né in grado di promuovere l'etica laica o la coscienza sociale tra gli alunni, né di combattere i pregiudizi comuni tra i giovani.

Un altro valore importante in cui l'educazione potrebbe svolgere un ruolo interventista positivo è stato quello del lavoro manuale. È strano, ma vero che il lavoro manuale è guardato dall'alto in basso in un paese agricolo come l'India. Questo è il motivo del triste stato degli operai nel paese, l'eccessiva fretta per i lavori dei colletti bianchi e il profondo divario sociale così chiaramente visibile tra coloro che lavorano con le loro mani e coloro che operano dai loro banchi.

La dottrina del lavoro del pane di Gandhi lo ha fatto considerare il lavoro manuale alla luce di un sacro dovere imposto ad ogni individuo, indipendentemente dalla sua vocazione nella vita. Credeva nell'uguaglianza di tutto il lavoro e nella corrispondente uguaglianza dei salari. Se gli indiani modificassero il loro atteggiamento nei confronti del lavoro manuale e tentassero di approssimare l'approccio di Gandhi, molti dei mali economici e sociali del paese potrebbero forse essere risolti. Un modo ovvio sarebbe includere il lavoro manuale nel programma scolastico, non in modo meccanico, ma integrato con il resto del curriculum, come aveva previsto Gandhi.

L'enfasi posta da Gandhi sullo swadeshi, che non si limitava a indicare "l'appartenenza al proprio paese", ma anche l'immediato vicinato, è estremamente importante per i nostri tempi. Le istituzioni e le organizzazioni locali per la gestione degli affari locali sono diminuite o inesistenti con il risultato che abbiamo perso la fiducia in noi stessi per fare qualsiasi cosa e ci affidiamo costantemente alle autorità per risolvere i nostri problemi locali.

Il bisogno dell'ora è di suscitare la consapevolezza popolare sulle questioni locali e cercare di risolverle attraverso la cooperazione volontaria. Le persone nel campo della tecnologia appropriata e indigena stanno mostrando modi in cui persino una forza come l'elettricità può essere prodotta localmente, rendendo inutili enormi dighe. La tecnologia di raccolta delle acque indigene provata in varie parti dell'India avrebbe incontrato l'approvazione di cuore di Gandhi. La conservazione delle risorse era un articolo di fede con lui.

La dottrina di swadeshi assume anche un significato di fronte all'imperialismo economico e culturale lanciato dalle multinazionali nei paesi in via di sviluppo. Il governo e il popolo devono compiere sforzi concertati per fermare la marcia delle multinazionali e avviare un movimento simultaneo per promuovere il consumo di prodotti autoctoni.

Con la manodopera e le risorse agricole dell'India, deve essere ovvio anche ai laici che l'enfasi nella produzione dovrebbe essere su piccola scala e industrie caserecce, che renderebbero giustizia alle risorse dell'India e comporterebbero un sostanziale sollevamento dei poveri rurali, che compongono la stragrande maggioranza della popolazione del paese.

Gandhi era del tutto a favore della produzione su piccola scala, essendo il più vantaggioso per l'umanità - l'uomo non sarebbe stato sradicato dalla sua terra natia o avrebbe perso la sua empatia con la natura. Potrebbe sembrare di dover tornare indietro, ma potrebbe essere necessario molto presto.

L'enfasi persistente di Gandhi sulla buona gestione della produzione agricola in India assume un grande significato nel contesto dell'attuale crisi alimentare e della disoccupazione globale, che ha colpito anche l'India. Sarebbe importante citare MS Swaminathan, il famoso scienziato agricolo e padre della rivoluzione verde in India, sulla questione: "Il progresso agricolo attentamente pianificato può aiutare a creare contemporaneamente più cibo, reddito e posti di lavoro. È solo l'agricoltura, comprese le colture e la zootecnia, la pesca, la silvicoltura e l'agro-trasformazione, che possono promuovere la crescita economica guidata dal lavoro. L'industria moderna, al contrario, promuove la crescita senza lavoro, che porterà ad una crescita senza gioia nelle nazioni ricche di popolazione.

Nella sua ricerca della soddisfazione dei suoi sensi, l'uomo moderno ha sfruttato indiscriminatamente il suo ambiente, sia umano che non umano. Nel processo, è diventato spiritualmente povero e alienato dal suo vero sé, che richiede di condividere e dare per il suo adempimento. L'attuale pericolo per la vita causato da ogni tipo di inquinamento e squilibri ecologici è il risultato della sete dell'uomo per i beni materiali e il progresso personale. Questo processo ha avuto una reazione e ha portato a un aumento di movimenti e attività per proteggere l'ambiente. Alcuni di questi sono menzionati qui in quanto sono strettamente correlati alle idee di Gandhi.

Il movimento Chipko è stato lanciato sulle colline di Garhwal, nel nord dell'India, per la conservazione delle foreste. Ispirato al movimento Sarvodaya di Gandhi e Acharya Vinoba Bhave, fu guidato da Sunderlal Bahuguna e iniziò con gli abitanti del villaggio che abbracciavano tronchi d'albero per protestare contro l'abbattimento degli alberi di frassino da parte di una compagnia di articoli sportivi. Questo movimento ha ora dimensioni globali. Bahuguna è attualmente impegnata a resistere in modo non violento alla minaccia di enormi distruzioni della vita umana e dell'ambiente da parte del gigante Tehri Dam Project, anch'esso nella regione di Garhwal.

Un altro forte movimento non violento per salvare l'ambiente, in particolare lo sradicamento delle comunità locali per un gigantesco progetto fluviale e per prevenire il conseguente disastro causato da esso, è il Narmada Bachao Andolan guidato da Medha Patkar con il sostegno attivo e impegnato di molti altri membri dell'intellighenzia. Più recentemente, la tecnica del satyagraha è stata adottata per protestare contro la costruzione di grandi dighe sul fiume Bhagirathi (il tratto superiore del Gange), a seguito del quale due dei sei progetti sono stati finora sospesi. Il satyagraha viene intrapreso dal professor GD Agarwal, un professore in pensione dell'Indian Institute of Technology di Kanpur.

La rilevanza delle idee di Gandhi nel campo giudiziario sta diventando sempre più evidente in questi giorni. Lui stesso un avvocato, era ben consapevole delle tattiche dilatorie e delle enormi spese implicate nelle cause, che spesso sfociavano nella totale negazione della giustizia nei confronti dell'uomo comune. Era dell'opinione che le controversie non dovevano raggiungere la fase del contenzioso e devono essere risolte attraverso l'arbitrato e la conciliazione. Era favorevole a far rivivere l'antico sistema panchayat di risolvere le dispute nei villaggi.

Il moderno Lok Adalats esemplifica in una certa misura il concetto di Gandhi di rendere giustizia. Sono stati stabiliti per la prima volta nel 1982 come parte della strategia di assistenza legale. Per citare dalla rivista legale The Lawyers Collective, "Lok Adalats sono forum informali, flessibili e partecipativi che hanno come scopo l'incoraggiamento di insediamenti, compromessi e l'elusione del contenzioso".

Le parti di una disputa utilizzano volontariamente i loro servizi per evitare le molestie e le frustrazioni spesso incontrate nei tribunali ordinari. Lok Adalats non ha autorità giudiziaria ei loro giudici sono generalmente giudici, avvocati o assistenti sociali in pensione, che agiscono solo come mediatori o conciliatori. Lok Adalats ha ricevuto lo statuto e si spera che saranno pienamente integrati nell'attuale struttura giudiziaria. Ciò ispirerà maggiore fiducia tra i litiganti e i difensori e fornirà l'accesso a una giustizia rapida, efficace e "economica".

Infine, anche sul tema controverso delle riserve in posti di lavoro e servizi, le opinioni di Gandhi sono molto attuali oggi. Gandhi credeva nell'uguaglianza sociale ed economica e più ancora nell'uguaglianza di opportunità, specialmente per quelli che chiamava Harijan. Tuttavia, era totalmente contrario alle riserve in materia di posti di lavoro e servizi sulla base di categorie sociali, poiché ciò equivale a compromettere lo standard di merito in esse.

Inoltre, tale riserva rimosso l'incentivo per il miglioramento e lo sforzo in coloro su cui tali benefici sono stati concessi. Ha favorito opportunità speciali per l'istruzione e la formazione per le fasce più sfavorite della società, in particolare gli Harijan. Ciò naturalmente amplierebbe la portata del loro impiego e miglioramento.

Ma i governi successivi hanno acquisito un interesse acquisito nel portare avanti la politica delle riserve e, nel processo, hanno alimentato un sentimento di antagonismo verso le categorie riservate tra il resto della popolazione. Ciò che è richiesto è il coraggio politico di eliminare gradualmente la politica delle riserve e il governo a seguire un piano globale per assicurare la giustizia sociale e le pari opportunità per tutti, in particolare a livello di base.

Si spera che la sezione precedente abbia illustrato in una certa misura la rilevanza contemporanea della teoria del mutamento sociale di Gandhi. Uomini e donne nella società di Gandhi vivrebbero in stretto contatto con il loro ambiente, non volendo dominarlo, ma godendo di farne parte. La sua rilevanza per tutti i tempi è stata messa in luce in modo convincente da Sarojini Naidu, la sua famosa collaboratrice e poetessa indiana, in un passo scritto pochi mesi prima del suo assassinio.

Le ultime righe sono citate qui:

"Nacque come gli altri uomini, morirà come gli altri uomini, ma a differenza di loro, vivrà attraverso il meraviglioso vangelo che ha enunciato, che l'odio non può essere conquistato dalla spada, la spada non può essere conquistata dalla spada, quel potere non può essere sfruttato sui deboli e sui caduti, che il vangelo della non violenza, che è il vangelo di potere più dinamico e più creativo del mondo, è l'unico vero fondamento di una nuova civiltà, ancora da costruire ".